Chianti General Service Magazine n. 3
Adesso, che gradualmente stiamo tornando a vivere, vogliamo regalarvi il nostro nuovo Magazine…un inno alla “rinascita” in un condensato di letture interessanti e stimolanti.
UNO SGUARDO SULLA BERARDENGA
Patrizia Turrini
La Chianti General Service spera nella zona della Berardenga ormai da tempo sia nel settore delle pulizie che nella progettazione e cura del verde
Spero che questo mio tentativo di rapida sintesi su una zona così storicamente complessa, anche nei suoi legami con Siena, sia utile almeno a incoraggiare l’interesse per la la Berardenga di turisti e appassionati del nostro territorio. Se Castelnuovo si erge con la sua centralità – nei suoi ‘senesissimi’ 654 anni di storia a partire da quel 1367 in cui la Repubblica ne stabilì la fondazione -, lo sguardo di insieme deve infatti necessariamente comprendere frazioni e borghi, castelli e ville, chiese e monasteri, strade e frontiere, insomma tutto un vasto territorio comunale ricco di testimonianze storiche, architettoniche e artistiche.
Alle trasformazioni nel tempo del capoluogo si uniscono quelle dei tanti insediamenti, sia quelli facenti parte già dal secolo XIV
della curia del Comune, sia quelli ancora più numerosi, antichi, inseriti nel territorio comunale con il regolamento leopoldino del 2 giugno 1777. In quella data infatti ben 38 comunelli o ville furono riuniti dal granduca Pietro Leop0oldo in una sola amministrazione facente capo al comune di Castelnuovo. Affronterò, dunque, l’area vasta del territorio comunale, partendo dal tempo lontano, molto prima del “castello nuovo”, per giungere per flash, attraverso i ‘capitoli del tempo’, a ieri e infine a oggi.
Questa zona fu a lungo contesa, dal punto di vista ecclesiastico, tra i longobardi senesi e i longobardi aretini, anche perché a Dofana era custodito il corpo del martire Ansano, battista dei senesi: dopo secoli di accesi contrasti, la decisione di papa Onorio III nel 1220 determinò una scissione fra giurisdizione vescovile aretina e giurisdizione civile senese che ancora oggi non è stata risolta, se non parzialmente. Il territorio, dominato dalla famiglia dei Berardenghi e fittamente incastellato a partire dal secolo XI, presentava una miriade di insediamenti – pievi, castelli, monasteri, canoniche – i cui nomi sono attestati soprattutto nel “Cartulario della Berardenga”.
Si tratta di un prezioso codice, oggi alla Biblioteca comunale di Siena, nel quale i monaci del monastero di San Salvatore di Fontebona, detto della Berardenga dalla famiglia dei fondatori, ricopiarono attorno al 1230 i documenti di loro interesse: vi sono così testimoniati i rapporti con le chiese dipendenti e con i signori del territorio, le vicende di abati e monaci, le nomine e le destituzioni fatte dalla casa madre di Camaldoli, il patrimonio e l’economia del monastero con le rendite in cereali, la scuola interna…
Avere infranto quei confini, mettendo in forte pericolo Siena, costerà all’esercito fiorentino l’epocale sconfitta di Montaperti, il 4 settembre 1260. La frontiera nella Berardenga non verrà cambiata neppure dopo l’ingresso di Siena nel granducato mediceo, perché fu mantenuta la differenziazione amministrativa fra Stato vecchio fiorentino e Stato nuovo senese. Per cambiare la frontiera si dovrà attendere la riorganizzazione amministrativa ottocentesca, cioè il periodo dell’Unità d’Italia, con l’ingresso anche di parte del Chianti fiorentino (Gaiole, Castellina e Radda) nella provincia di Siena.
Altro tema da accennare è quello della viabilità: il territorio della Berardenga era percorso da un reticolo viario di notevole qualità e quantità, punteggiato da ospedaletti, pievi e canoniche. Dopo il passaggio al Comune di Siena, questo reticolo fu mantenuto anche per venire incontro alle esigenze dei cittadini senesi che avevano più proprietà terriere proprio in questa zona, dove si diffuse capillarmente la mezzadria.
La situazione di pericolo, le incursioni delle compagnie di ventura, la necessità di tutelare le proprietà terriere… portarono i senesi a progettare già nel 1358 la costruzione di un proprio castello nella Berardenga, per poi stabilirne la collocazione nel 1367 presso la villa di Strada nella località Poggio ai Frati, facendovi confluire amministrativamente alcune comunità limitrofe. Il castello (corrispondente all’odierna villa Chigi) aveva una superficie urbanizzata abbastanza esigua, così che le notevoli spese sostenute nel Trecento per la sua edificazione, e quelle successive per la manutenzione, si giustificano non certo con finalità di popolamento rurale, ma con finalità marcatamente militari e strategiche, a difesa cioè della città di Siena. Fra alti e bassi, questo “baluardo della senesità”, posto fra il Chianti fiorentino e le Crete, fece parte prima della compagine della Repubblica senese, poi del granducato di Toscana fino alle già citate riforme leopoldine e anche oltre, cioè fino alla crisi della mezzadria, per prospettare oggi, per la villa Chigi, future possibilità, ad esempio come centro espositivo di storia territoriale.
Una rassegna dei “mille volti della Berardenga” è fatta di immagini devozionali e artistiche, di chiese e di teatri, di paesaggi e di castelli, di ville isolate e di musei. Cito alcune località, sicura di dimenticarne altre: Certosa di Pontignano, Monastero d’Ombrone, il castello dell’Aiola, il castello di San Gusmè con le sue due chiese, la collina di Montaperti, il villaggio di Montaperti Basso, villa Chigi Saracini, Canonica a Cerreto, la villa di Geggiano, Castell’in Villa, le chiese di Sant’Ansano a Dofana, di Curina, della Madonna del Patrocinio a Castelnuovo, la villa di Fagnano, Montegiachi, la cappella di Cornia, il castello di Montalto, Arceno, la cappella di Santa Giulia a Colombaio, la villa Sergardi a Catignano, la villa di Pagliaia, la cappella a Lodoline, la chiesa dei Santi Giacomo e Niccolò a Quercegrossa, la chiesa di Santa Maria a Montaperti, la Cantina di Poggio Bonelli, l’azienda “La Vigna” a Castelnuovo, la pieve di San Felice, Barbaione, la chiesa di San Laurentino a Bossi, la chiesa di San Bartolomeo a Rosennnano… Un territorio, dove pievi antichissime, addirittura longobarde, si alternano a costruzioni ottocentesche e anche novecentesche, come le cantine vinicole del Chianti senese.
La bibliografia sulla Berardenga è cospicua: molto è stato detto, scritto e studiato, sia in generale sia sulle singole località. Ma non è questa la sede per un elenco di libri, quindi mi limito a citare quello edito nel 2018 per celebrare i 650 anni dalla fondazione del “castello nuovo”, dove potrete trovare indicati anche molti lavori precedenti: Storia di una terra di Siena. La Barardenga e il suo Castello Nuovo, a cura di Mario Ascheri e Fosco Vivi.