Sito archeologico di Castellare di Collepetroso

Chianti General Service sostiene e partecipa alla campagna di scavo del Castellare di Colle Petroso

I siti archeologici, si sa, spesso custodiscono anche la storia di chi li ha scoperti e studiati, raccontando a chi li osserva aneddoti e curiosità di proprietari, appassionati e ricercatori.

In alcuni casi questi contesti storici sono stati oggetto di ricerche e studi durati anni, in altri sono i lavori edili o volti al futuro che permettono di riportare alla luce evidenze archeologiche altrimenti celate.


In altri ancora il sito è visibile e conosciuto da sempre, restando caro alle comunità che lo vivono quotidianamente come un dolce passato a cui mai si era pensato di dare nuova voce.

È questo il caso del sito di Castellare di Collepetroso; un sito da sempre visto da chi passa lungo il sentiero che conduce da Collepetroso a Castellina in Chianti e custodito con senso di protezione e interesse dal proprietario di allora Mauro Petreni. 

Ma solo nel 2022, grazie alla volontà del figlio Claudio Petreni e della moglie Clarissa Fornai, attuali proprietari, è stato possibile cominciare a studiarlo.

Dopo aver contattato il “Gruppo Archeologico Salingolpe” nella figura del suo presidente Vito de Meo, è stato chiesto un parere archeologico riguardo alle strutture murarie ancora visibili al di sopra del piano di campagna e presenti nella proprietà, chiedendo la consulenza degli autori di questo artico. 
Una volta verificate l’esistenza e il grande interesse di questo sito da un punto di vista archeologico e per far luce sulla storia degli edifici e del territorio circostante, si è deciso di effettuare lo scavo del sito di comune accordo tra le parti e il necessario parere della Soprintendenza. 

Sin dalle sue prime analisi ci si è accorti che questo sito presenta particolarità che meritano uno studio e una ricerca approfondita. Immerso nella Val d’Arbia, già la sua posizione, mostra l’interessante vicinanza a fonti d’acqua presenti a metà strada tra le località di Castellina e Radda in Chianti e su quella che fin dal Medioevo si deve interpretare come una delle (tante) vie che collegavano Firenze e Siena.

La presenza di ben due fonti, se non addirittura tre, è sicuramente stata di richiamo per le genti che vivevano nei dintorni sia per motivi chiaramente pratici, sia per possibili motivi rituali legati al culto delle acque in antichità ma anche durante il cristianesimo. I recenti scavi archeologici hanno infatti dimostrato che la presenza dell’uomo in questo luogo è attestata a partire dal III secolo a.C. circa quando, alla fine del periodo di influenza etrusca, i Romani cominciano a insediarsi nel territorio toscano. La frequentazione durante tutto il periodo romano si concentra soprattutto nell’areale intorno alle sorgenti, a monte della chiesa; tuttavia, non sono identificabili insediamenti o tracce di abitazioni permanenti.

Nella speranza di poter osservare tracce più chiare nelle future operazioni di scavo e ricognizioni del territorio, ad oggi possiamo solamente ipotizzare che tra il III secolo a.C. e il III secolo d.C. questo sito fosse certamente conosciuto e frequentato forse anche e soprattutto per la presenza di fonti d’acqua, ma non abitato stabilmente. 

Solo alla fine della Tarda Antichità pare risalire un probabile avamposto o un piccolo insediamento, testimoniato da resti archeologici risalenti al IV-VI secolo d.C. Dei secoli successivi, fino all’XI secolo restano tracce sparute dell’uso del sito; è in questo periodo che viene fondata la Chiesa di San Michele e comincia a svilupparsi il relativo cimitero. L’attività religiosa e funeraria prosegue in modo continuo fino alla fine del XVI secolo o all’inizio del XVII secolo quando sia la chiesa che il cimitero vengono abbandonati, segnando la fine dell’uso di queste strutture. Sui resti ormai ruderizzati e nei campi circostanti si sono succeduti nel tempo pascoli e coltivi che hanno permesso alla popolazione di Collepetroso di vivere fino ai giorni nostri.

Solido d’oro
Medaglietta votiva del Giubileo

Ciò ha ovviamente determinato il crollo progressivo della struttura che però ancora è evidente per un metro e mezzo di altezza circa, diventando il punto di partenza per gli studi archeologici in atto.

I resti murari ancora visibili rappresentano ciò che rimane della chiesa di San Michele a Collepetroso. (foto chiesa)L’edificio, piuttosto semplice, si estende in direzione Est-Ovest, con una pianta rettangolare, un’unica navata centrale e un’abside rivolta verso Est. A nord sono presenti strutture accessorie non ancora identificate, che potrebbero essere parte della pianta originaria della chiesa, successivamente spostata verso sud. Gli scavi, che proprio quest’anno si stanno concentrando sull’interno della chiesa, hanno rivelato diverse fasi di costruzione, a partire da una fase più antica che pare essersi sviluppata tra i secoli XII e XIII. L’edificio, insieme al relativo cimitero, sembra essere stato in uso fino alla fine del XVI secolo o ai primi anni del XVII secolo, quando fu definitivamente abbandonato. I resti archeologici confermano questo periodo d’uso: una moneta di probabile tardo XII secolo è stata trovata in una sepoltura, indicando la fase più antica, mentre una medaglietta votiva del Giubileo, (foto medaglietta) datata proprio al 1600, rappresenta l’oggetto più recente. Anche le fonti storiche corrispondono a quanto evidenziato dai ritrovamenti: la prima citazione della chiesa risale al 1260, nel ‘Libro di Montaperti’, e le testimonianze proseguono per tutto il periodo medievale fino alla fine del XVI secolo. Già nel 1615 la chiesa fu trasferita nell’abitato di Collepetroso, dove si trova ancora oggi.ifyy

Le indagini archeologiche condotte presso il Castellare di Collepetroso hanno portato alla luce un vasto repertorio di materiale archeologico che ha contribuito a delineare la storia e lo sviluppo del sito. Tra i reperti, come spesso accade negli scavi, la ceramica riveste un ruolo predominante, offrendo importanti indicatori cronologici. Il suo studio fornisce infatti significative informazioni sia sulla datazione delle fasi di utilizzo del sito che sulle sue funzioni. Grazie a essa, ad esempio, si attesta la frequentazione dell’area a partire dal III secolo a.C. l’assenza di ceramica da fuoco e da cucina di questo periodo conferma preliminarmente che non vi fu un insediamento stabile almeno fino al IV-V secolo d.C. Questo materiale è in corso di studi e permetterà di raccontarci qualcosa di più solo nei prossimi anni.

Nella porzione più a sud, vicino alla chiesa, la presenza del cimitero ha permesso di studiare l’abbondante materiale osteologico rinvenuto, attraverso una serie di analisi bioarcheologiche, la definizione del profilo biologico e l’identificazione di indicatori scheletrici e dentari di stress, nonché analisi paleopatologiche, fornendo un quadro interessante dello stato di salute della comunità di Collepetroso. Numerosi reperti presenti intorno alle sepolture e a corredo dei defunti raccontano delle attività quotidiane e delle competenze artigianali degli individui che frequentavano e vivevano questo luogo: bottoni, anelli e spille in metallo, un rosario (foto rosario) e altri elementi decorativi in osso. Tutti questi oggetti offrono uno spaccato della vita di queste genti, fornendo elementi utili per conoscere una comunità principalmente dedita ad attività agro pastorali e quindi esposta costantemente alla fatica fisica. Lo studio dei reperti ossei mostra chiaramente questa condizione di stress assolutamente comune ma importante oggi per riconoscere la grande forza dei nostri antenati. Gli scarsi corredi presenti nelle tombe, nonostante siano indicatori di una comunità semplice e con poche ricchezze, mostrano una forte religiosità probabilmente legata anche al pellegrinaggio, avendo trovato ben due reperti legati a questo aspetto.

Inoltre, sono stati rinvenuti reperti numismatici che mostrano una visione dettagliata della cronologia del sito, (foto solido d’oro) confermando quanto riportato anche dalle fonti storiche e dai ritrovamenti fino ad ora descritti. Possiamo quindi confermare una frequentazione dell’area fin dal periodo preromano, continuando poi durante i secoli romani e tardo antichi per mostrare poi una maggiore presenza e attività durante tutto il medioevo e l’età moderna. 

Gli studi e le ricerche sul campo sono ancora in corso e la speranza è di poter approfondire presto la conoscenza di un sito ricco di storia e parte delle nostre radici più profonde.

Paolo Medici si è laureato a Venezia e poi ha conseguito il dottorato a Berlino. È un archeologo professionista e direttore di scavo, con esperienza nella divulgazione scientifica, nella didattica e nell’organizzazione di convegni scientifici, mostre ed esibizioni. 

Natascia Druscovic, laureata a Ravenna, è un’archeologa professionista con una lunga esperienza sul campo. È inoltre specializzata nella divulgazione e nella didattica culturale, con particolare attenzione alle persone con disabilità.