L’ERBA DI SAN GIOVANNI

La giornata del 24 giugno viene dedicata dalla tradizione popolare alla raccolta dei fiori dell’Iperico (Hypericum perforatum) conosciuto con il nome di Erba di San Giovanni sia in Italia che in altri paesi europei.

Il 24 giugno nel calendario cristiano si ricorda la nascita di San Giovanni Battista, personaggio tra i più importanti dei Vangeli ritenuto dalla tradizione cristiana cugino di Gesù e considerato da alcune religioni uno fra i più grandi profeti. Nei Vangeli è scritto che quando Maria seppe che sarebbe diventata madre del figlio di Dio andò a far visita a sua cugina Elisabetta che era a sua volta già incinta di sei mesi. Venne fissato così il 24 giugno come giorno della nascita del precursore del Cristo.

La giornata del 24 giugno viene dedicata dalla tradizione popolare alla raccolta dei fiori dell’Iperico (Hypericum perforatum) conosciuto con il nome di Erba di San Giovanni sia in Italia che in altri paesi europei.

Descrizione e habitat

L’Iperico è una pianta erbacea perenne che può raggiungere 1 metro di altezza, presenta fusti rotondi, rossastri e glabri con due costole salienti su tutta la lunghezza, molto ramificati e lignificati alla base. Le foglie sono opposte e sessili, semi-persistenti in inverno, hanno la lamina cosparsa di ghiandole traslucide ricche d’olio essenziale che in trasparenza sembrano forellini e di ghiandole scure sul bordo piene di olio rosso ricco di Ipericina. L’ipericina, isolata nel 1939, è uno dei principali composti chimici presenti nelle piante del genere Hypericum, si trova in tutte le parti della pianta ad eccezione delle radici. La pianta è ben riconoscibile anche quando non è in fioritura perché le sue foglie in controluce appaiono come “bucherellate”: da questa caratteristica deriva il nome specifico di perforatum.

I fiori sono grandi, di colore giallo-oro e sbocciano da aprile a settembre, durano un giorno e poi si infeltriscono e assumono un colore rosso ruggine. Anche i fiori, come le foglie, sono ricchi di ghiandole scure contenenti Ipericina. E’ una specie che cresce in tutta l’Italia nei prati asciutti, sui margini delle strade, nei boschi radi, nei terreni incolti fino a 1.600 metri s.l.m.

Miti, leggende ed uso nel tempo

L’Iperico era una pianta già nota agli antichi greci e romani, Ippocrate (IV sec. a.C.) ne prescriveva estratti per lenire raffreddore, insonnia e isteria; Dioscoride (I sec. d.C.) lo consigliava per far uscire dal corpo gli spiriti maligni e ritrovare il buonumore. Per questa ragione era conosciuto anche come “cacciadiavoli“, nome popolare ancora in uso in Toscana.

Il naturalista Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) lo prescrive, macerato nel vino, utile contro il morso dei serpenti e per trattare le ustioni. Quest’ultimo uso è stato tramandato nel tempo fino ai giorni nostri.

Intorno all’origine del nome popolare dell’Erba di S.Giovanni sono fiorite nei secoli numerose leggende: una racconta che fu chiamata così dai primi cristiani i quali notarono come il 29 agosto, giorno in cui secondo la tradizione Giovanni Battista fu ucciso per decapitazione, questa pianta se spezzata secerneva del liquido rosso simile a sangue detto “Sangue di San Giovanni”, considerato panacea per tutti i mali. Un’altra ipotesi sull’origine del nome può derivare dal fatto che i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme utilizzassero l’olio di Iperico per curare le ferite dei combattenti durante la Crociate in Terra Santa, uso appreso dalla medicina araba che già ne conosceva le proprietà vulnerarie, in particolar modo su ferite e ustioni. 

In passato per risolvere molti problemi di salute venivano usate piante dalle forme simili alle parti del corpo da curare, ma in questo caso nessun elemento della pianta dell’Iperico presenta somiglianze a qualche organo umano; i medici erboristi, al pari dei Cavalieri, consideravano le ghiandole trasparenti presenti sulla superficie delle foglie come fossero buchi provocati da armi da taglio e per questo solamente per intuito sfruttavano le proprietà antisettiche, antinfiammatorie, antivirali, cicatrizzanti e sedative che ha questa specie.

In periodo medievale il “Sangue di San Giovanni” era considerato un ingrediente indispensabile per filtri e pozioni e quando si riteneva che una donna fosse in preda al demonio, si usava metterle in seno alcune foglie di questa pianta e collocarne altre nella sua abitazione per ottenere l’allontanamento degli spiriti maligni.

In area mediterranea già prima della diffusione del Cristianesimo e nelle regioni nordiche, la notte del solstizio d’estate si riteneva che fosse “magica”. Questa caratteristica venne poi attribuita alla notte fra il 23 e 24 giugno; era credenza che durante questa notte le proprietà della luce lunare e quelle delle piante raggiungessero il massimo della loro efficacia. Al tramonto l’Iperico veniva quindi raccolto e durante la notte bruciato dentro grandi fuochi per tenere lontana la sfortuna. Una volta spenti i fuochi la cenere veniva gettata sui tetti delle case e delle stalle per proteggerle dai fulmini.

Il popolo, sotto l’occhio accondiscendente della Chiesa, durante la notte di San Giovanni faceva tutta una serie di pratiche al limite della stregoneria per propiziarsi il benvolere del santo per l’anno a venire. Una di queste pratiche era quella di mettere mazzi di Iperico sotto il cuscino, con la convinzione che il santo proteggesse il dormiente dalla morte per un anno. Mazzetti di Iperico venivano appesi alle finestre e sulle porte per impedire ai demoni di entrare nelle abitazioni.

I ramoscelli di Iperico raccolti nella “notte magica” e fatti seccare venivano usati in vari modi durante tutto l’anno: i cavalieri, durante i combattimenti, ne portavano alcuni ramoscelli sotto l’armatura; le donne lo nascondevano sotto le vesti per proteggersi dalle violenze sessuali.

L’Iperico fa parte di quel gruppo di erbe “magiche” (fra queste lavanda, menta, ruta, rosmarino, salvia, mandragora, verbena, camomilla, malva) che venivano colte all’imbrunire del 23 giugno, messe in una ciotola d’acqua di sorgente ed esposte per tutta la notte alla luce della luna che le trasformava in una sorta di acqua miracolosa. Quest’acqua, usata la mattina successiva per lavarsi il corpo, era in grado di sconfiggere le malattie, conservare la bellezza delle ragazze, combattere l’invidia e il malocchio e far trovare un marito alle giovani donne entro l’anno. Usata l’acqua, le erbe “arricchite” di energia entravano nella preparazione di creme, profumi ed elisir.

Lo studio scientifico di questa specie ha confermato le sue importanti proprietà fitoterapiche: l’estratto secco di Iperico oggigiorno è usato per la sua azione antidepressiva mentre l’olio di Iperico viene utilizzato come cicatrizzante per curare ferite e ustioni.

Autore: Maddalena Zuddas
Guida Ambientale Escursionistica e Guida Turistica
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