“LASCIA CHE TUTTO TI ACCADA: BELLEZZA E TERRORE”
«Piccolo è bello» scriveva Ernst F. Schumacher. Io però vorrei partire dal Grande, dall’enormità degli avvenimenti succedutisi nell’ultimo mezzo secolo.
Ecco un rapido elenco: la Grande depressione e il dilagare dei totalitarismi; la seconda guerra mondiale, le sue colossali battaglie con migliaia di mezzi corazzati e centinaia di migliaia di prigionieri; le grandi armate e le massicce invasioni. Hiroshima, Nagasaki, Guerre di religione in India e in Palestina, file interminabili di profughi. Superpotenze, superstrade, supermercati, Superman, Champions League, il mondo intero davanti alla TV nello stesso momento. Fisica ad alta energia, fissione, fusione, visioni da funghi e funghi atomici. Lanci spaziali, record di lancio del disco: sempre più in alto, più lontano, più veloce. Discariche, navi di rifiuti tossici, moria di pesci, cieli morti, specie antichissime estinte in massa. Credetemi se vi dico che ho difficoltà ad interrompere la lista, ma lo farò, lo farò per una questione di tempo, di spazio e perché una regola della psicologia archetipica è quella di “cominciare da dove si è”, senza tentare la fuga nella ricerca di origini o soluzioni, ma iniziare dal cuore del disastro. Il mio compito, in quanto psicoterapeuta, è quello di far emergere dalla rimozione lo stato di anestesia psichica che ben descrive il nostro malessere attuale, l’ottundimento della nostra sensibilità. Siamo diventati smisurati, dimenticando che le statue greche sono belle proprio perché hanno la misura dell’uomo, non sono esagerate, sono «katà mètron» che significa “secondo la giusta misura”.
Ci troviamo di fronte ad un Grande tabù, ad una Qualità sempre più distorta, presa in prestito dal narcisismo individuale e affogata nell’an-estetico ed anestetizzata che, come direbbe Dostoevskij, salverà il mondo: la Bellezza.
Che cos’è dunque il bello? “E’ bello ciò che piace universalmente senza concetto…indipendentemente da qualsiasi forma di interesse e slegato da ogni concettualità” (I.Kant). Parlare perciò di bellezza è un equivoco, un esercizio che allo stesso tempo le toglie la sua natura, la bellezza non si spiega, non si maneggia, ti poni di fronte a lei in uno stato di passività, ti colpisce, e basta. Si iscrive nella dimensione dell’inutile ed è qui che si condensa il massimo senso, il vero valore, perché oggi ormai tutto tende all’utilità, al guadagno, al proficuo. Esattamente come l’Amore, ti trafigge, incanta, ti trascina con la sua passione dal terrore alla quiete, nel sublime. La parola “bellezza” la troviamo all’origine del mondo, nella prima pagina della Genesi ( Genesi 1,1-2,4), alla fine di ogni giornata Dio si compiace della sua opera «…Elohim vide che era tôb». Il termine “tôb” è stato tradotto nell’antica versione greca con tre diversi aggettivi: agathós (buono), kalós (bello) e chrestós (ciò che fa star bene). Appare evidente come l’estetica si connetta intimamente con l’etica, le due dimensioni si fondono fra loro in un antidoto contro il male. L’Occidente dei numeri forse non è in crisi, sembra più vicino alla decadenza, ci appoggiamo alla tecnica facendoci assistere nel respiro, nel movimento, nel pensiero.
L’estasi del profitto ci soffoca di fronte all’arte, la musica, la creatività, ci lascia ottusi e distesi, narcotizzati dalle brutture che ci circondano e ce ne sono in ogni angolo, purtroppo. Ci vorrebbe armonia, appunto. Ci vorrebbe buonsenso, oppure semplicemente un “simbolo”: secondo un’antica usanza due individui o due famiglie spezzavano una tessera, di solito di terracotta o un anello, e ne conservavano ognuno una delle due parti come segno di riconoscimento reciproco, il perfetto combaciare delle due parti della tessera provava l’esistenza di tale appartenenza, memoria di un’antica amicizia. “Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v’era la distinzione tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all’antica perfezione” (Platone, Simposio). Il Bello è simbolico perché mette in relazione il sensibile (ciò che vedo, tocco, sento) con un’altro significato che non potrebbe altrimenti essere catturato. Il mio non vuole essere un inno alla gioia di Beethoven, ma un invito ad essere tutti un po’ più egregi (fuori dal gregge) e riflettere sul fatto che la rinnovata percezione dell’anima del mondo va forse di pari passo con il dare una risposta estetica a ciascuna cosa. Per accogliere un simile stimolo occorre aver fiducia nelle emozioni affinché questo mondo, il nostro pianeta, non diventi l’«ultimo pianeta».
Autore dell articolo Dott. Andrea Pianigiani
“…Dietro alle cose come incendio, fatti grande,sicché le loro ombre, diffuse,coprano sempre me completamente.
Lascia che tutto ti accada: bellezza e terrore.
Si deve sempre andare: nessun sentire è mai troppo lontano.
Non lasciare che da me tu sia diviso.
Vicina è la terra,che vita è chiamata.La riconosceraidalla sua solennità.
A me da’ la tua mano.”
(R.M. Rilke)