La Toscana di Pinocchio
Anna Soldani, originaria di Nusenna (quindi gaiolese), vissuta a Firenze ma sempre presente ed attiva nella nostra piccola realtà. Le sue parole ci introdurranno ad un “Pinocchio” visto da una prospettiva inedita e inaspettata
Anna Soldani
Anna Soldani, originaria di Nusenna (quindi gaiolese), vissuta a Firenze ma sempre presente ed attiva nella nostra piccola realtà. Le sue parole ci introdurranno ad un “Pinocchio” visto da una prospettiva inedita e inaspettata:
La Toscana di Pinocchio
Molti di noi hanno conosciuto il personaggio di Pinocchio prima ancora di imparare a leggere. In seguito, le riduzioni e le animazioni ci hanno reso familiari le avventure di cui è protagonista. Collodi, al secolo Carlo Lorenzini, le pubblicò a puntate sul “Giornale dei bambini” nel 1881 e le completò a grande richiesta nel 1883 facendo della novella una storia senza tempo che l’ha resa universale.
La Regione Toscana ha assunto Pinocchio come suo testimonial nel mondo ma se qualcuno si mettesse in mente di cercare nelle avventure del Burattino nomi di strade e di paesi della Toscana non li potrebbe trovare. Lorenzini, infatti, con un espediente usato in ogni fiaba che si rispetti, si guarda bene dal caratterizzare i luoghi per farci capire che il mondo esteriore è solo lo sfondo di un’avventura che tratta di un mondo interiore: un racconto di relazioni e di persone, dove, più che i posti, hanno rilevanza i valori arcaici, gli stati d’animo e le abitudini, i pregi e i difetti, le speranze e le delusioni.
La Regione Toscana ha assunto Pinocchio come suo testimonial nel mondo ma se qualcuno si mettesse in mente di cercare nelle avventure del Burattino nomi di strade e di paesi della Toscana non li potrebbe trovare. Lorenzini, infatti, con un espediente usato in ogni fiaba che si rispetti, si guarda bene dal caratterizzare i luoghi per farci capire che il mondo esteriore è solo lo sfondo di un’avventura che tratta di un mondo interiore: un racconto di relazioni e di persone, dove, più che i posti, hanno rilevanza i valori arcaici, gli stati d’animo e le abitudini, i pregi e i difetti, le speranze e le delusioni.
†Eppure il linguaggio della fiaba, fresco e vivace, e così tipicamente “toscano”, induce nel lettore la convinzione che quei luoghi anonimi, quel bosco, quel mare, quel piccolo paese abbiano i connotati della Toscana della fine dell’ Ottocento e che la campagna e le strade in cui si svolgono le avventure del burattino collodiano si manifestino indiscutibilmente come toscani.
È noto quanto Lorenzini fosse orgoglioso di essere toscano, come lo era il Barone di Ferro. Collodi (babbo, ma soprattutto alter ego di Pinocchio) risorgimentale da posizioni mazziniane sposa, nel 1859, le idee unitarie, monarchiche e ‘piemontesi’ di Ricasoli.
Quando parliamo di Pinocchio viene subito in mente il paese di Collodi, luogo di nascita della mamma di Lorenzini a cui lo scrittore era profondamente affezionato tanto da assumere il nome del luogo come pseudonimo.
Ma dove pensiamo sia la vera culla di Pinocchio?
Nel volume “Il segreto di Pinocchio”, uscito nel 2021, si parla di cosa c’è dietro le quinte della nascita del Burattino, di come la memoria orale abbia dato a quei posti anonimi i nomi di Firenze, Castello, Peretola e Sesto Fiorentino.
In particolare, Castello è il luogo in cui è ancora viva questa memoria collettiva, diventata nel corso degli anni una tradizione convinta, nel ricordo di quei soggiorni estivi, nella Villa Il Bel Riposo, dove, Carlo Lorenzini trascorreva gran parte dell’estate, ospite del fratello Paolo, direttore della Manifattura di porcellane dei Conti Ginori.
Il libro parte proprio da questa memoria, ne sottolinea gli aspetti più curiosi e cerca di indagare sui paesaggi geografici, umani, storici e culturali che costituiscono lo sfondo della fiaba.
Castello, allora piccolo borgo fra Firenze e Sesto Fiorentino, per la sua posizione geografica riassume tutte le caratteristiche del paesaggio tipicamente toscano: si può dire che ciò che è visibile a Castello si ritrova in forme, quantità e modi diversi in tutta la regione: commistione di lavoro dei campi, cultura contadina e arte che nei secoli ha plasmato un paesaggio ordinato e armonico, tra pianura, collina e monte, comune ad altri antichi insediamenti, ma con una specificità propria che fa di Castello un caso unico per il legame stretto con la città e le sue ville di dinastie regnanti; le vicende dei Medici, delle Dinastie dei Lorena e della Casa Savoia si sono intrecciate, nei secoli, con quelle del contado in una significativa liaison tra queste grandi famiglie e la popolazione del posto.
Nel volume che vi presento ho voluto, insieme agli altri autori, comporre i frammenti di questo legame tra Castello e Lorenzini raccolti sul territorio. Vivo a Firenze dal 1971, per più di 30 anni ho abitato a pochi passi da Villa Il Bel Riposo ed ho camminato nelle antiche stradine assaporando la stessa atmosfera che circondava Lorenzini quando le percorreva ogni giorno uscendo dal cancello della villa del fratello Paolo.
Sono stata dunque partecipe di quell’ambiente che conserva ancora oggi l’atmosfera nobile di quel tempo; e mi piace pensare che forse anche Collodi molti anni prima ne abbia percepito il fascino. Con la grande forza della sua arte, e con la sua sbrigliata fantasia, è riuscito a trasfigurare poeticamente, quei luoghi nei luoghi della Fiaba, cogliendo dall’indole intima dei suoi abitanti i carattere universali dell’ umanità dei suoi personaggi. Dal borgo al mondo: Pinocchio ha operato quel “salto” che solo le opere d’arte compiono ricavando dal particolare un significato che parli a tutti.
L’immagine dello scrittore che si aggira nel borgo scrutando l’umanità che lo abita con il suo occhio sagace è stata per me sempre molto suggestiva. Ne sono rimasta colpita, dapprima in quanto abitante di Castello e parte attiva di quella comunità, in un secondo momento nel corso del lavoro che da anni conduco alla ricerca delle radici su cui si fonda l’identità di una comunità: recupero della “memoria” come patrimonio comune.
Lungo il percorso intrapreso, ho incontrato niente meno che un personaggio delle fiabe, anzi il personaggio forse più conosciuto e amato nel mondo: Pinocchio. A Castello la storia del burattino e del suo creatore è memoria viva. In ogni famiglia i genitori passano ai figli frasi, immagini, episodi che affiorano dal passato e di cui talvolta sono stati protagonisti i nonni e i bisnonni. Ebbene è questo il caso in cui i ricordi appartengono ad un intero borgo, gelosamente tramandati e conservati nella memoria dei pronipoti dei suoi vecchi abitanti.
Il racconto ha origine da una battuta del Lorenzini alla figlia dodicenne del giardiniere delle ville di Castello: lo scrittore farà della ragazzina il personaggio di una sua fiaba e per di più avrà i capelli turchini! La Giovannina, questo il suo nome, i capelli li aveva biondi, ma turchini aveva gli occhi e chissà… così nacque in Collodi l’ispirazione per la sua “fatina”. L’episodio, raccontato dalla stessa Giovanna, è stato ripreso dalla stampa molti anni dopo, nel 1958, quando era ormai una nonnina novantenne ed alla quale bambini da tutto il mondo iniziarono a scrivere le loro “letterine” esprimendole il loro affetto e talvolta i loro desideri, ma soprattutto la gioia di sapere che “le fate esistono davvero”. Il libro ne mette a disposizione del lettore alcune inedite, scritte da bambini in età compresa tra i 6 e i 10 anni provenienti da tutta l’Italia.
L’evento mediatico che rappresenta negli anni ’50-’60 la scoperta della “Fatina” (sono gli anni del successo di “Carissimo Pinocchio” cantata da Johnny Dorelli [1]) e il suo rapporto con il bisogno di sognare, mai sopito in grandi e piccini, è altresì indagato nel libro.
Numerosi sono gli studiosi che hanno posto al centro delle loro ricerche su Pinocchio i personaggi e i luoghi che nel territorio di Castello e nella pianura fiorentina di Peretola e Sesto Fiorentino hanno ispirato Lorenzini; di essi il libro fornisce un’ampia e dettagliata rassegna. Dalle descrizioni sono riusciti a profilare la casa di Geppetto, la “Quercia grande”, l’”Osteria del gambero rosso” e perfino il “mare” di Pinocchio, ed ancora la bottega di Mastro Ciliegia, il teatro di Mangiafuoco, la scuola che Pinocchio marina, l’ “isola delle api industriose”, il teatro che vede il “ciuchino Pinocchio”, il “campo dei miracoli”, il “Paese dei balocchi”, e sullo sfondo la “città acchiappa-citrulli”(che lascio alla fantasia del lettore individuare).
I colloqui con il nipote della “Fatina Giovanna” e con la nipote di colui che viene indicato come “Mastro Ciliegia” offrono un ritratto vivo e insieme fiabesco alla nostra ricerca. Attraverso le loro testimonianze si percepisce il valore della memoria che si accresce di generazione in generazione.
Segnalo infine che sui luoghi che hanno ispirato “Le avventure di Pinocchio è in uscita in questi giorni una nuova pubblicazione anch’essa edita dalla Florence Art Edizioni, firmata Anna Soldani e Maurizio Bruschi con la splendida introduzione di Carlo Lapucci. Una vera e propria “Guida ai luoghi di Pinocchio. Firenze, Castello, Peretola, Sesto Fiorentino. 4 Itinerari turistici insieme al Burattino” .
[ 1]
Nel febbraio del ’62 Johnny Dorelli venne a conoscere personalmente la Fatina nella sua abitazione in via della Querciola, n. 10.