Intervista a James Harris
Autore della nostra copertina, è un artista poliedrico pittore ma sopratutto scultore, nasce a Gedda (Arabia Saudita) nel 1982 da genitori inglesi ma, a pochi mesi dalla nascita, si trasferisce con la propria famiglia a Monti in Chianti (Si) è quindi un artista di formazione internazionale ma con profonde radici chiantigiane.
James, come è stato crescere in Chianti?
Credo di essere stato davvero fortunato a crescere qui e ringrazio i miei genitori per questa loro scelta. Negli anni Ottanta molte famiglie straniere si sono trasferite in questa meravigliosa zona della Toscana e ciò ha fatto si che io crescessi in una comunità sia Italiana che non,con cui tutt’oggi sono in contatto. Gran parte delle persone che abbiamo frequentato durante la mia infanzia e adolescenza sono state artisti, musicisti, scrittori, c’era una grande varietà culturale ed intellettuale che creò un ambiente “Bohemien”, poliedrico, molto stimolante con continue occasioni di crescita e scambio e questo credo sia stato positivo per la mia formazione ed abbia contribuito fortemente a farmi diventare quello che sono oggi.
Ho dei bellissimi ricordi dei momenti trascorsi al Castello di Vertine, a casa Di Maro e Mattehew Spender, nella torre di Barbischio circondato dalle opere di Franco Innocenti; sono ancora legato alle famiglie che hanno vissuto in questi luoghi e sebbene viva a Carrara da quasi vent’anni, torno frequentemente a casa di mio padre dove sono cresciuto e dove passo quasi tutte le estati insieme alla mia compagna e ai miei figli.
Hai dunque frequentato le scuole in Italia?
Si, sono sempre andato a scuola in Italia. Ho frequentato l’asilo nel paesino di Pievasciata, le elementari, le medie e l’Istituto d’Arte a Siena per poi diplomarmi in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara.
Ho iniziato a prediligere la scultura come mezzo espressivo proprio durante gli anni dell’Istituto d’Arte doveho frequentato il corso sperimentale avendo la possibilità di provare diverse tecniche e materiali; in quel periodo realizzai la mia prima scultura in marmo e, grazie ad una visita organizzata dalla scuola,andaia visitare l’Accademia di Carrara. Ci portarono nei laboratori di scultura dove rimasi particolarmente colpito quando mi trovai difronte a molti studenti intenti a scolpire in una grande aula polverosa.
come è vivere nella città del Marmo?
Dopo l’Accademia di Belle Arti hai deciso di fermarti a Carrara, come è vivere nella città del Marmo?
Ho frequentato l’Accademia dal 2004 al 2010 arricchendo la mia formazione con un soggiorno in Giappone di sei mesi nell’ambito del progetto Erasmus. Durante quegli anni non ero molto inserito nelle dinamiche della città e dei suoi abitanti, praticamente frequentavo solo studenti per lo più fuori sede. È stato solo dopo, iniziando a lavorare nei laboratori e conoscendo persone del luogo che ho potuto farmi un’idea più precisa di Carrara e dei Carrarini come si definiscono loro. Questo affascinante luogo e i suoi abitanti sono ricchi di contraddizioni: un grande paese in cui convivono forti tracce del passato e della tradizione in contrasto con moderni sistemi di lavorazione ed estrazione della pietra. Per molti anni ho pensato che non mi sarei fermato qui ma di recente ho comprato casa e studio: la comodità di avere uno spazio in cui lavorare e la facilità con cui posso reperire il materiale hanno avuto la meglio sulla nostalgia per le dolci colline del Chianti, quindi mi rendo conto che almeno per adesso continuerò a vivere qui con la mia famiglia.
Certamente essere scultore e vivere in un luogo le cui attività ruotano principalmente attorno alla lavorazione del marmoha molti pro sebbene ciò di per sé non sia sufficiente per vivere della propria arte senza un costante impegno nel coltivare ed espandere i contatti con altre realtà.
L’esperienza in Giappone, in cosa è consistita?
Hai accennato ad un’esperienza in Giappone, in cosa è consistita?
Tra il 2009 ed il 2010 sono stato ospite della IwateUniversity, Istituto politecnico di Morioka. Questa esperienza mi ha permesso di approfondirealcune tecniche tradizionali legate alla scultura in pietra e all’arte dei metalli ma ha soprattutto contribuito ad offrirmi una esperienza di vita totalmente nuova. In un luogo del quale non conoscevo la lingua, gli usi ed i costumi,sono stato straniero come mai prima, un’esperienza estraniante e totalizzante che mi ha lasciato moltissimo a livello personale ed umano. I paesaggi, gli scenari, i simboli e la filosofia della cultura giapponesemi hanno dato un forte stimolo. Mi sono sentito molto arricchito specialmente di fronte alla sensibilità che gli orientali hanno nei confronti della natura. Ho compreso come gli uomini siano in una sorta di dialogo con essa, come cerchino di lasciarla libera di esprimersi seppur controllandone alcuni aspetti spesso per glorificarla ed esaltarne la bellezza.
Osservando le tue opere effettivamente si nota una attenzione verso la natura, quali sono i temi che prediligi affrontare?
Per me non è semplice parlare di temi se essi sono intesi come spiegazioni, come etichette per una serie di opere. Tendo a spaziare molto nel mio lavoro e mi piace sentirmi libero di passare da un pensiero all’altro e fissare sulla carta o nella materia qualcosa che è già dentro di me, talvolta di cui non ero pienamente cosciente. Posso cercare di spiegare meglio questo concetto portando ad esempio la mostra che ho fatto nelle sale del Palazzo del Podestà a Radda in Chianti lo scorso agosto. Ho esposto per la prima volta una serie di disegni che ho realizzato durante il recente lockdown.
La nascita di queste opere è stata come mettere nero su bianco dei flussi di coscienza: partendo dagli sfondi, realizzati con materiali quotidiani quali vino e caffè, con la matita ho “tirato fuori” un qualcosa che era celato nel mio subconscio e pian piano, segno dopo segno, ha preso forma, scavando nella carta e dentro me stesso allo stesso tempo, ogni volta tenendomi lontano dalla progettualità. Il risultato è stato un corpo di una trentina di disegni, diversi tra di loro ma con evidenti punti comuni, li definirei organici ed interiori.
La natura mi incuriosisce e mi attira, ha un ruolo centrale nella mia ricerca, sono affascinato dagli elementi e dai materiali. Forse uno dei maggiori richiami che ha Carrara su di me è proprio la loro abbondanza e diversità.
Se si racchiudono le mie opere in un insieme sono evidenti dei soggetti preponderanti come l’acqua e le Capsule. Quest’ultime rappresentano l’intento di conservare, proteggere ed esaltare qualcosa di fragile e prezioso, che rischia di andare perduto. Durante la Pandemia mi sono reso conto di come questa serie fosse attuale, sono contenitori di marmo e vetro per scenari, frammenti, elementi organici e minerali che si uniscono per poi separarsi nuovamente in continua crescita e disintegrazione. Un ambiente protetto in cui i singoli componenti mantengono un precario equilibrio che troppo spesso viene dato per certo, permettendo senza interferenza il ciclo naturale di cui hanno bisogno, un ecosistema in costante trasformazione.
La transizione, il cambiamento, lo scorrere del tempo e l’immanenza sono temi che mi ritrovo ad affrontare in modi diversi.Una foglia che cadendo si appoggia su una superficie d’acqua crea piccoli cerchi concentrici, è un momento difficile da cogliere normalmente ma che ho voluto ricreare nel marmo,cercando la fluidità dell’acqua nella staticità della pietra.
Affascinato dalla superficie liquida e i giochi di chiaroscuro cui la luce dà vita su di essa,ho scolpito lievi cerchi concentrici visibili solo se osservati in una determinata condizione di illuminazione.Trovo anche in un certo senso ironico il fatto che abbia dedicato mesi alla realizzazione di opere che rappresentano la frazione di un attimo.
Bene James, ci lasciamo con un’ultima domanda, quali sono i tuoi piani per il futuro?
Ho diversi progetti in cantiere, in questo momento sto finendo una scultura che andrà in una residenza privata a Casablanca ma sto anche sistemando la casa e lo studio per permettere, non solo a me ma anche ai miei figli e alla mia compagna di avere un luogo dove c’è la possibilità di esprimersi e crescere, ma anche poter passare più tempo insieme. Sono grato per tutto ciò che costituisce la mia vita, mi ritengo molto fortunato e mi auguro di continuare ad avere la possibilità e la capacità di conciliare ricerca, lavoro, famigliae tempo libero,per evitare di creare compartimenti stagni, penso checi sia bisogno di equilibrio tra questi affinché ci sia armonia.
A cura di Deborah Montagnani