IL GINEPRO

di Maddalena Zuddas
Guida Ambientale Escursionistica e Guida Turistica

L’albero di Natale “nostrano”

Ai tempi del liceo avevo una amica, che ancora ho, la cui famiglia per fare l’albero di Natale non comprava l’abete ma usava addobbare una bella pianta di ginepro. Una volta il padre della mia amica ci chiese se volessimo partecipare alla ricerca del ginepro. Così si andò in un bosco vicino armati di vanga e un grande catino in metallo con maniglie. Arrivati iniziò la ricerca dell’esemplare “giusto”. Trovato, l’uomo prese la pianta con tutte le radici, la mise nel catino, la sistemò bene e sopra, a coprire la terra con le radici, ci mise “la borraccina” (il muschio) per tenerle ben umide in modo tale che la pianta rimanesse in buone condizioni e che, passata la festa della Befana, potesse essere riportata nel posto dove era stata presa.

A casa il ginepro fu addobbato dalla nonna della mia amica con il nostro aiuto. Ai rami furono attaccati biscotti a forma di stella e cavallucci precedentemente preparati, noci incartate con la stagnola ricavata dai cioccolatini e messa da parte durante tutto l’anno, nastri colorati, mandarini, qualche pallina colorata di vetro e un bel puntale anch’esso di vetro e, per simulare la neve, cotone idrofilo in fiocchi. Alla base dell’albero fu allestito il Presepe: il catino che conteneva le radici dell’albero ricoperto di carta e muschio fungeva da montagna alla base della quale fu sistemata la capanna e i vari personaggi. Era bellissimo!


Il “Ginepro di Natale” era tradizionalmente allestito in molte famiglie toscane fino alla metà degli anni ’70  del secolo scorso sostituito poi, in pieno boom economico, dall’abete di nordiche origini. Il ginepro addobbato per i bambini era già un regalo e fungeva da “Calendario dell’Avvento” in quanto nei giorni prima del Natale gli “addobbi” venivano giornalmente consumati lasciando soltanto le decorazioni non commestibili da Natale alla Befana.

Descrizione e habitat

Il Ginepro (Juniperus communis) appartenente alla famiglia delle Cupressaceae è un arbusto sempreverde assai longevo a crescita molto lenta, resinoso e di aspetto variabile a seconda del luogo dove cresce: in pianura si presenta come un alberello e può arrivare a 5÷6 m di altezza, in montagna ha una forma cespugliosa e ad alta quota appare come un arbusto prostrato.

E’ una specie .dioica, cioè i fiori maschili e i fiori femminili sono portati su piante diverse che si differenziano per il portamento: le piante maschili presentano la chioma conica allungata (fastigiata) mentre quelli femminili hanno la chioma allargata.

Fiorisce da febbraio a giugnoI frutti, detti galbule o coccole, sono coperti da una pruina opaca cerosa e maturano in 2 anni: sono di colore verde il primo anno, solamente nel secondo anno di vita, quando cioè giungono a maturazione, assumono il caratteristico colore nero-bluastro.

Le foglie sono aghiformi ad apice acuto e pungente, rigide, raggruppate a 3, sessili, di colore verde glauco e biancastre, la pagina inferiore si presenta con una linea sporgente, quella superiore è percorsa da una larga linea biancastra che corrisponde alla carena del dorso fogliare.

Il legno è duro e compatto e fortemente profumato, viene utilizzato principalmente per la lavorazione di piccoli utensili.

E’ una specie diffusa in tutto l’emisfero settentrionale, eliofila e frugale vegeta in tutti i tipi di terreno. Tollera bene le basse temperature e la siccità, è presente dal livello del mare fino ai 2500 metri di altitudine. Il ginepro è una importante pianta pioniera, sui terreni aridi e pietrosi favorisce la fissazione dei detriti consolidando il terreno e favorendo così la formazione del manto vegetale. A causa del suo accrescimento lento è poco usato nei rimboschimenti.

In molte zone del nostro paese è facile trovare sottoboschi ricchi di ginepro difficili da attraversare. L’espressione “cacciarsi in un ginepraio” deriva dai tempi passati in cui, spostandosi attraverso i boschi a piedi, era facile imbattersi in folte macchie di ginepro, e ancora oggi la usiamo come antonomasia per un frangente complicato e sgradevole, connotato da disordine e difficoltà.

Miti, leggende ed uso nel tempo

Conosciuta fin dall’antichità questa pianta è stata ispiratrice di leggende ed assai utilizzata come pianta officinale e magica.

Fra le leggende, la più antica è quella che viene riportata in un vangelo apocrifo dove si narra che, durante la fuga in Egitto, la Sacra Famiglia si nascose sotto un grande ginepro intricato per evitare che Gesù venisse trovato e ucciso dai soldati di Erode.

Da sempre questa pianta è stata considerata un importante rimedio contro le malattie e protettrice dagli spiriti malvagi e le forze del male. Nelle campagne toscane per allontanare le streghe si piantavano i ginepri vicino alle abitazioni oppure se ne appendeva un ramo alla porta di casa o delle stalle. Le streghe, spinte da un irrefrenabile impulso di contarne le foglie e non riuscendo a contarle tutte durante la notte, all’arrivo dell’alba erano costrette ad andare via per non essere riconosciute.

Fino ai primi del Novecento nelle campagne dell’Italia centrale si usava bruciare un ramo di ginepro la sera di Natale, di San Silvestro e dell’Epifania. Se ne conservava il carbone per poi impiegarlo durante l’anno in tanti rimedi magici. Sempre nella notte di Natale, si appendevano dei rami di ginepro sulla porta delle stalle per proteggere gli animali dai malefìci.

Per quanto riguarda le sue proprietà curative e disinfettanti sappiamo che il più antico documento che attesta l’uso medicinale del ginepro è un papiro egizio del 1500 a.C. L’olio e le bacche venivano anche utilizzate nel processo di imbalsamazione.

Già i romani lo usavano per curare le malattie dello stomaco e il meteorismo grazie alla sua azione stimolante, digestiva, diuretica e disinfettante. I suoi frutti ancora oggi si utilizzano in cucina per aromatizzare e rendere più digeribili piatti a base di carni grasse e selvaggina.

Nel XVII secolo il medico olandese Franciscus Sylvius inventò il Gin ottenenuto dai frutti a seguito di fermentazione e distillazione. La parola “Gin” deriva infatti da “geniver“, ginepro in olandese.

In tempi antichi anche il legno era usato sia a scopo terapeutico che propiziatorio. Si riteneva che le fumigazioni di ginepro combattessero i germi e per questo se ne faceva uso durante le epidemie di peste e vaiolo. Con la cenere veniva prodotto un unguento ritenuto in grado di contrastare lebbra, scabbia, rogna. Inoltre il legno era bruciato per la purificazione dei templi, per favorire la chiaroveggenza e il contatto con l’aldilà.


UNA POESIA SCRITTA NEL 1881 DA GIOSUÈ CARDUCCI DEDICATA AL GIN


“Gin e Ginepri”
Quanto azzurro e d’amor e di ricordi,
Gin, infido liquor, veggio ondeggiare.
Nel breve cerchio onde il mio gusto mordi.
O dolci selve di ginepri, rare,
A cui fischian nel grigio ottobre i tordi.
Lungo il patrio, selvaggio, urlante mare.


Giosuè Carducci


Autore: Maddalena Zuddas

Guida Ambientale Escursionistica e Guida Turistica

Facebook : ARTE e NATURA nelle TERRE DI SIENA con Maddalena e Riccardo

Facebook gruppo: RI-CONOSCIAMO LE PIANTE SPONTANEE COMMESTIBILI E  NON SOLO

Instagram: maddalenaguidartestoriambiente

Instagram: sangimignano.visite.guidate

Sito internet: www.sangimignanovisiteguidate.it