I boschi toscani

I boschi toscani

di Martino Danielli

Perchè è importante conoscerli e salvaguardarli

La Toscana è una regione notoriamente ricca di boschi, e infatti la superficie di territorio considerata boscata si avvicina al 50% dell’intero territorio. Si direbbe dunque che siamo di fronte ad una Regione all’avanguardia nella gestione e conservazione dell’ambiente forestale, ma purtroppo non è così. Negli ultimi anni si è assistito ad un utilizzo sempre più industriale ed aggressivo del territorio, con ampie aree di colline e montagne che vedono letteralmente sconvolto il paesaggio e l’ecosistema forestale a causa dei tagli.

Ma andiamo con ordine. Occorre infatti inquadrare ecologicamente i nostri boschi e poi dare una connotazione storica del loro utilizzo. Il territorio regionale è composto da una grande varietà di ambienti forestali diversi. Questo è dovuto a ragioni geologiche, geografiche e climatiche. Semplificando molto, Incontriamo grandi distese di faggi sulle montagne dell’Appennino, dove il clima è più fresco e le piogge abbondanti. Vi sono poi ampi boschi di castagni e di querce, con la presenza cospicua di cerri e roverelle  nelle colline dell’area senese ed aretina. Sono le tipiche formazioni che troviamo nel Chianti. Spostandoci verso il mare, in aree calde e costituite da suoli calcarei, troviamo estese formazioni di leccio , una quercia sempre verde tipica del clima mediterraneo. Ad essa si associano poi tanti arbusti ed alberelli che sono legati al clima caldo e scarsamente piovoso delle nostre coste, si tratta di piante come il Corbezzolo, il Mirto, il Lentisco e diverse specie di ginepri. Se poi scendiamo nelle pianure costiere, ci troviamo al cospetto di estese pinete costituite da pino marittimo e pino domestico, che costituiscono un paesaggio unico dell’area tirrenica. Infine, sui rilievi dell’interno, troviamo molti ambienti costituiti da conifere varie, ed in particolare da pino nero e douglasia, piantati in passato a scopo di rimboschimento di versanti colpiti da incendi o eccessivo pascolamento.       

I boschi toscani sono stati utilizzati negli ultimi 150 anni , e soprattutto dall’inizio della rivoluzione industriale, in gran parte per la realizzazione di carbone vegetale e legna da ardere o paleria. Tale processo divenne particolarmente diffuso e aggressivo durante la seconda guerra mondiale, periodo durante il quale furono tagliate grandi foreste e boschi per recuperare combustibile. Il metodo con il quale si è operato dunque negli ultimi 150 anni è il taglio ceduo o taglio raso, si tratta di tecniche molto invasive dove gran parte delle piante in un bosco vengono tagliate, lasciando il suolo scoperto e pochi alberi in piedi (possono essere lasciati anche solo 60 alberi per ettaro). Va però specificato che nel passato, e parliamo comunque di un passato relativamente recente, questa tecnica veniva usata su piccole superfici.

Siamo dunque arrivati ai giorni nostri con l’aggiunta della pericolosa fame di biomasse ad uso energetico, ovvero il bruciare legna per produrre energia elettrica. Questo ha portato ad un processo sempre più industriale di sfruttamento dei boschi e delle foreste, con l’utilizzo di macchinari giganteschi sovvenzionati con fondi pubblici, con il trasporto di legna lontano dai luoghi di origine e unitamente a questo la perdita totale della filiera di qualità del legno. Così, mentre in Slovenia o in Austria si vendono singole piante a migliaia di euro per produrre mobili, travi o altro, in Toscana quelle stesse piante valgono poche decine di euro da bruciare nella stufa. Un controsenso anche a livello economico.          

Torniamo a parlare di natura.  Quando entriamo in un bosco o una foresta ci troviamo immersi in un sistema complesso e fantastico. 

Rimaniamo colpiti dagli alberi, gli organismi sicuramente più imponenti e caratteristici di un ecosistema forestale, ma in realtà siamo circondati da centinaia, se non migliaia di specie diverse di licheni, muschi, insetti, funghi, batteri, erbe, uccelli…. Tutto questo crea appunto una sorta di super organismo, l’ecosistema forestale. Un mondo in grado di assorbire gli inquinanti dell’aria, regolare la temperatura e l’umidità circostante. Un mondo in continua comunicazione ed evoluzione. Le piante si “parlano” tra loro attraverso il suolo e l’aria, insetti percorrono il suolo nutrendosi di parti morte o donando vita attraverso l’impollinazione, scoiattoli, lumache, uccelli disperdono semi che propagheranno specie vegetali dove prima non c’erano.

Stiamo parlando di una sorta di mondo alieno ed indipendente da noi, ma dal quale noi non possiamo prescindere. Nei boschi convivono piante appena spuntate con patriarchi vecchi di secoli, in grado di supportare con la loro forza e il loro nutrimento decine di altre specie, divenendo essi stessi dei veri e propri condomini viventi.    

Oggi, anche grazie ai numerosi studi scientifici, sappiamo che i boschi sono una risorsa insostituibile per il mantenimento del suolo, la produzione e conservazione dell’acqua,  la mitigazione del clima, la produzione di ossigeno e l’assorbimento della CO2 e per molti altri benefici ecosistemici. Sappiamo quindi che il loro valore è assai maggiore della sola “risorsa legna”. La bellezza stessa dei nostri territori dipende dal mosaico di boschi e campi che è il carattere unico di luoghi come il Chianti, il Mugello, la Maremma. Alla luce dei tanti benefici che ci donano i boschi è necessario considerarli sempre di più come un bene comune da custodire.

Fin da bambino mi sono abituato  a scorrazzare  tra gli alberi e i cespugli delle grandi cerrete che ricoprono le nostre colline, trovando tane di volpi, scorgendo il volo improvviso di picchi e sparvieri, osservando la fresca fioritura di orchidee selvatiche o il giallo dorato dei frutti del vischio. Tutto ciò è stato per me impagabile, una parte essenziale della mia vita. Diceva San Bernardo di Chiaravalle “ Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà” e oggi, ancor di più, il valore educativo e formativo di questi ambienti è unico. Occorre dunque porci con umiltà e rispetto nei confronti dell’ecosistema forestale, che è un patrimonio naturale e culturale unico e fondamentale, da preservare per le generazioni future.