Gli alberi monumentali del comune di Castellina in Chianti
Il 2024 rappresenta la seconda tappa del censimento degli alberi monumentali del Chianti che quest’anno interessa i territori che si trovano sulle colline a cavallo tra la Val d’Elsa, la Val di Pesa e la Valle del fiume Arbia: ossia il comune di Castellina in Chianti.
Questo straordinario territorio collinare della provincia di Siena nasconde tesori inestimabili di cui pochi conoscono l’esistenza: gli alberi monumentali. Questi bellissimi giganti, grandi come palazzi, colorati come affreschi, iconici come statue, di cui questo luogo è costellato, rappresentano non solo la perfezione architettonica con cui la natura è capace di esprimersi, ma dei veri e propri testimoni viventi della storia di questo luogo, fatti di persone, battaglie, fatti di cronaca e di tante vite di persone comuni.
Come sempre il viaggio è stato intrapreso con i miei amici e compagni di viaggio Renzo Centri grande conoscitore del territorio, Martino Danielli esperta guida naturalistica e Antonio Carloni valente fotografo. Il tutto è stato fortemente voluto e sponsorizzato da un imprenditore illuminato: Augusto Bianciardi di Chianti General Service.
Il Chianti si dimostra un terreno fertile per gli alberi monumentali come dimostrato dalla bellissima esperienza dell’anno scorso che ha visto il comune di Radda come protagonista. Ora un altro pezzo di questo territorio mostra la sua ricchezza con i suoi numerosi esemplari secolari presenti.
La specie più rappresentata è senza dubbio la quercia, albero maestoso, dalla crescita lenta che da sempre l’uomo ha considerato come simbolo di forza. Si narra che prima della scoperta del ferro, questa specie fosse considerata dalle popolazioni indigene impossibile da abbattere a causa del suo legno particolarmente duro e consistente.
La prima quercia incontrata è la roverella di Tresqua, vicina alla fattoria di Rencine. L’albero si trova in prossimità di un crocevia nei pressi di una vecchia strada tra il Chianti e Monteriggioni. Già il catasto leopoldino
indicava questo percorso come molto frequentato anche se oggi ci appare come una semplice carraia.
Ricordiamoci che il sistema viario è profondamente cambiato in questi ultimi secoli: quando il mezzo di trasporto era il cavallo o il mulo le strade si tracciavano lungo i crinali, successivamente con l’avvento delle auto si è cominciato a tracciare le strade nelle fondovalli.
La pianta si trova radicata vicina al rudere di una fattoria da tempo abbandonata. A pochi metri si trova anche una chiesa. Età stimata 100-150 anni. Vicino si trova un altro albero simile, anche se di poco più piccolo.
A Vallechiara di Quornia, in un campo oggi adibito a orto, in prossimità di un canale, troviamo un’altra roverella che misura 4 metri di circonferenza.
Probabilmente la presenza di acqua ha aiutato la sua crescita, ma nulla toglie alla sua maestosità. Fu probabilmente risparmiata dall’accetta perché sotto la sua ombra si riparavano i contadini o i pastori con le loro pecore. Non dimentichiamoci che le querce producono ghiande, di cui gli animali vanno ghiotti. Per renderle più appetibili, venivano tenute in ammollo in acqua per un mese in modo che si spurgassero dal tannino prima di darle alle pecore.
Un leccio bellissimo, anche se oggi in condizioni fitosanitarie delicate, si trova vicino a Lornano, ma ancora in comune di Castellina. Si trova in cima ad un cocuzzolo di una collina da cui si gode una bellissima vista. Probabilmente è stato piantato per creare ombra ai viandanti che passavano in quella zona. Negli anni ’90 del secolo scorso è stato colpito da un fulmine che lo ha gravemente ferito spezzandolo in due. Lo spirito di sopravvivenza, però, ha avuto la meglio e l’albero è sopravvissuto a questo forte trauma. Oggi ci appare menomato, con forti segni di senescenza, ma ancora vivo e vegeto. Fortunatamente alcuni interventi (potature e legature con tiranti) sono stati eseguiti dai proprietari per aiutarlo. Con entusiasmo posso testimoniare che altri piccoli lecci crescono accanto a lui: i suoi figli. Il miracolo della vita è questo: di fronte alle difficoltà e al trascorrere del tempo, le nuove generazioni si susseguono dando origine ad una continuità senza fine.
Continuando il nostro peregrinare, un’altra quercia la possiamo trovare in prossimità di Fonterutoli, un piccolo abitato conosciuto già dagli Etruschi e dai Romani.
Si narra che durante le dispute tra Siena e Firenze, fu sede degli accordi che vollero porre fine alla disputa per il controllo dei territori del Chianti. Il confine doveva essere sancito nel punto di incontro tra un cavaliere fiorentino ed un cavaliere senese che sarebbero dovuti partire dalle rispettive città al primo canto del gallo: l’incontro tra i due cavalieri sarebbe avvenuto proprio vicino a Fonterutoli.
In prossimità di questo antico borgo, nel mezzo di un vecchio bosco utilizzato fino alla fine degli anni ’50 del XX secolo per pascolare i maiali, si trova questa bellissima quercia. Oggi questo luogo è di fatto abbandonato e visitato solo da qualche escursionista. Il substrato su cui vive questa pianta è particolarmente roccioso, quindi poco fertile. Questo rende la pianta molto più vecchia di quello che realmente sembra.
Un altro monumento vivente lo abbiamo incontrato in prossimità di Grignanello, radicato vicino ad una strada e di fianco ad un’azienda agricola. Si tratta sempre di una quercia ma non sappiamo chi e perché l’abbia piantata o lasciata crescere proprio in quel punto, forse per fare ombra al caseggiato o per segnare un confine oppure per raccogliere le preziose ghiande. In realtà potrebbero essere vere tutte queste motivazioni contemporaneamente. L’edificio sembra essere stato costruito a fine 1800 e la pianta, con i suoi 360 cm di circonferenza, potrebbe essere proprio di quegli anni.
Per ultima, ma non per questo meno importante, è la quercia del podere “Il Cerreto”, area molto prossima al paese di Castellina. Il podere si chiamava così perché ricco di querce molto alte che attorno al 1950 furono impiegate per fare le traversine della ferrovia. Dalle foto aeree di allora si vedono grandi chiome a dimostrazione delle enormi dimensioni che molte piante dovevano avere in quel periodo. Molto suggestiva la visita a questa pianta perché l’intero bosco è ricco di edere e grandi licheni che avvolgono completamente gli alberi rendendo il luogo un paesaggio fiabesco. Potremmo aspettarci da un momento all’altro spunti da dietro un tronco uno gnomo o una fatina.
Tutto questo prezioso patrimonio botanico e storico lo abbiamo vicino a casa e, come spesso accade, non ce ne curiamo o non lo conosciamo affatto. Dobbiamo invece appropriarcene e farlo conoscere ai nostri amici, parenti o anche agli sconosciuti, affinché questi indispensabili elementi possano esprimere tutta la cultura di cui sono intrisi e tramandare la loro ricchezza alle generazioni che verranno.
Mauro Carboni