Giancarlo Brocci, un perdente di successo
Prosegue la galleria delle nostre interviste ai “personaggi” con i quali condividiamo principi, valori e amicizia. In questo terzo numero ospiteremo una chiacchierata a 360° con Giancarlo Brocci fondatore dell’Eroica e Gaiolese purosangue. Un perdente di successo: così si definisce Giancarlo Brocci.. È nato nel 1954, si è laureato in medicina, si è speso in molti campi: politica, calcio, musica, ciclismo, bocce toscane, ecc..ecc… È stato osteggiato e criticato da un certo ambiente ciclistico ed emarginato per un lungo periodo
Partiamo da una domanda esistenziale: Giancarlo chi sei?
Una persona che ha sempre cercato di vivere secondo gli ideali di gioventù e sulla base dei valori che i miei genitori mi hanno insegnato. Sono orgoglioso, ho resistito e ho realizzato molte delle cose in cui credevo. Di sicuro non ho fatto il medico: laureato in medicina e praticato in sostanza solo per due mesi e una settimana. Per il resto, ho coltivato bene alcuni hobby e li ho fatti diventare mezzi mestieri. La mia vita è stata un’altalena, questo sì.
Il tuo nome è indissolubilmente legato a quello dell’Eroica. Com’è nata questa manifestazione?
Per rispondere alla domanda devo necessariamente partire dalla passione per il ciclismo. Per me è uno sport bellissimo, è lo sport dei nostri padri e ricordo come fosse oggi le mie giornate di bambino passate davanti allo storico Barrino di Gaiole. Il primo corridore per il quale ho fatto il tifo fu Vittorio Adorni. In bicicletta, fino ad una certa età, non sono praticamente mai andato. In compenso, ho giocato tanto a pallone, a livelli infimi, ma smisi presto per una serie di brutti infortuni. Nel 1973, sempre a Gaiole, organizzai la prima corsa ciclistica di allievi dopo tanti anni di vuoto. Vinse Graziano Salvietti, che più avanti fece bene, anche tra i professionisti, distinguendosi come uno dei fedelissimi di Moser.
Cosa pensi del ciclismo moderno?
Il ciclismo è finito, come ogni altro sport e non solo, nelle mani di manager, procuratori e preparatori, quelli che stabiliscono pro domo loro come si mangia e si beve, come ci si allena e si vince, come si riempiono di soldi i protagonisti, sempre di più, del circo.
Ne escono prodotti di batteria, tirati e vitaminizzati, attenti ad ogni nozione da computer, agli schemi, ai dettami di chissà quale scienziato stratega. E’ chiaro che molti ciclisti sono stati portati al limite, siamo andati distinguendo le categorie, gli obiettivi stagionali, a volte solo settimanali, si è esasperato il concetto di magrezza, il mantra del rapporto peso-potenza per avere prototipi da corse a tappe che offrono un’immagine sempre più ospedalizzata.
Ne è uscito spesso un ciclismo molto livellato, dove vanno forte in tanti, con mezzi sempre più performanti ma con grandi salite che non fanno più distacchi, con tappe che hanno copioni scontati e dettati dalle ammiraglie. Ma il ciclismo, come sostengo da tempo, è l’unico sport che ce la può fare a recuperare la propria anima. Lo dimostrano il successo delle Strade Bianche, ex Eroica Pro, e l’atteggiamento di tanti nuovi giovani, sempre più pronti a mordere il freno e tornare alla radice della loro passione.
Per tornare al sano ciclismo ed alle origini spiegaci il legame di Gaiole con l’Eroica, perché proprio qui e che ruolo ha avuto il paese nella nascita e nel consolidamento di questo evento ormai internazionale?
Certo, devo a questo contesto, al tessuto sociale di Gaiole in Chianti ed alle sue passioni, l’humus delle idee, il concetto dei valori condivisi, a partire dalla difesa del territorio e della nostra identità.
Di sicuro tutto il volontariato, di cui questo paese è tuttora straordinariamente ricco, è stata la base su cui impostare le iniziative ciclistiche.
La bici non stava nelle attenzioni dei più ma di certo credo sia memorabile la foto di piazza con tutti i volontari della prima Bartali, 23 luglio 1995.
L’ Eroica, magari, venne pensata anche per essere meno impegnativa, con organizzazione basic proprio per non gravare sui soliti noti ma, di certo, credo sia assolutamente vero ciò che sostengo un po’ ovunque, ovvero che, a prescindere
da chi la pensò, un’idea del genere poteva nascere solo qui, in un contesto umano ed ambientale speciale, con tanta anima ancora ben sensibile.
Il futuro?
Credo che il successo di Eroica, compresa quella dei professionisti oggi Strade Bianche, testimoni che abbiamo indicato una strada partendo dai nostri valori e ci siamo portati avanti per essere riferimenti ideali quando usciremo
da questo periodo oscuro, per pandemia ma anche per quanti hanno creduto bene di inventarsi mestieri appropriandosi delle passioni di ognuno.
Verrà presto il tempo che i nostri vecchi gaiolesi, sparsi in chissà quali celesti praterie, quelli addetti ai vari circoli, al pallaio o al bracere, a tenere la bandierina o a spazzare la bottega comune, saranno orgogliosi del fatto che abbiamo mantenuta accesa la speranza.

Hai spesso fatto riferimento alle tue passioni/hobby di gioventù nate e sviluppatesi grazie anche ad un tessuto sociale paesano ricco, partecipe e stimolante. Cosa è cambiato oggi? E, se esiste in te rimpianto, cosa rimpiangi dei tempi andati?
Ho avuto la fortuna di vivere un paese che mi ha connesso con le due generazioni precedenti, ovvero quelle che venivano da millenni di vita sempre uguale a sé stessa, di pura sopravvivenza per quasi tutti. Mi è stato concesso conoscere persone speciali, prima che certa globalizzazione rendesse molte persone dei prodotti di batteria. Oggi è cambiato quasi tutto e, se è sicuro che le condizioni materiali come le attese di vita sono migliorate in modo enorme, è altrettanto chiaro che si è persa tanta umanità, a partire dalla solidarietà che povertà diffusa faceva scattare spontanea.
Rimpiangere serve a niente, vorrei tanto rivivere parecchie cose con gente speciale ma sta nel libro dei sogni.