“Dove andiamo a ballare questa sera?”
Mavrevova è una delle artiste presenti nella Galleria EvOrArt e l’opera di copertina, come tutte le altre, entra a far parte della Collezione Chianti General Service
Dagmar Mavrevova artista eccentrica e difficilmente classificabile, puoi dirci da dove vieni e quale è stato il tuo percorso di vita e di studio fino ad ora?
A dire la verità non mi è mai piaciuto etichettare o essere etichettata, è molto superficiale e sbrigativo, anche se in un certo senso aiuta a capire, identificare. Quando andavo all’Università in Slovacchia nei primi anni studiavo grafica e creazione sperimentale ma poi ho cambiato percorso e negli ultimi due anni sono passata allo studio della libera creatività. Praticamente sono passata da 2D a 3D. Adesso sono di nuovo 2D. Sono tornata in due dimensioni (altezza e larghezza) ho lasciato la “profondità” (3D)
Perché hai scelto l’Italia?
Se mi ricordo bene la prima volta sono arrivata qui in 2003. Zona di Modena. Avevo conosciuto una persona ma con gli anni le nostre strade si sono divise e io ho deciso rimanere qui. In Italia si trova un po’ di tutto …. mi riferisco alla natura: mare, lago, montagna, terme, cibo buono.
Poi a me piace il silenzio allora mi sono fermata in campagna a 10 km da Siena, non sopporto il rumore è uno stimolo indesiderato, credo che la gente abbia bisogno di parlare 24 ore solo perché se smettono arrivano pensieri ed emozioni, esattamente ciò che io cerco.
Sappiamo che usi forme espressive e materiali molto diversi, cosa ti ispira e ti fa scegliere tra una modalità e l’altra, tra un materiale e l’altro?
Normalmente per prima cosa individuo il tema e poi cerco il materiale più adatto a raggiungere il mio scopo. In tanti lavori (installazioni, oggetti) ho usato anche il tempo, processo, distruzione, ricostruzione nel mio creare: l’asfalto si doveva sciogliere, il gesso spaccare, il materiale usato doveva avere significato legato al concetto che volevo esprimere. Ma come ho già detto ho “lasciato profondità” (3D), i miei ultimi lavori sono collage, disegno, foto. E’ più un semplice racconto, un diario, uno sfogo. Ho optato per un cambio di direzione prima di cadere in una specie di ibernazione o semi – letargo.
Qual è il messaggio che vorresti far passare dalle tue opere?
Il significato del mio lavoro non è esprimere un parere, o moralità, o un lieto fine, ma una semplice domanda. Non racconto una storia, ma una deliberazione, una creazione intesa come vagare del pensiero, una sorta di mezzo tramite il quale le persone possano comunicare con loro stessi e gli altri, è molto importante comunicare con se stessi!
Un quadro di Piet Mondrian New York City è stato esposto per più di 70 anni appeso “a testa giù”, da ora in poi, per evitare danneggiamenti, resterà capovolto per sempre e continuerà ad essere osservato, studiato in modo “sbagliato”
diverso…per sempre. E’ giusto che ciascuno guardi il mondo con occhi diversi anche se per questo, ogni tanto, succede che l’opera finisca nel cestino dell’ immondizia come successo al Museion di Bolzano nel 2015 quando le donne delle
pulizie gettarono nel cestino della spazzatura un’installazione che riproduceva resti di una festa finita dal titolo “Dove andiamo a ballare questa sera?” di Goldschmied & Chiari.